Il Commissario Montalbano fa bene alla sua terra (e all’Italia tutta), Gomorra credo di no.
Ho pensato tante volte a come potesse essere da dentro la casa del Commissario Montalbano. Mi ero comunque preparata all’effetto che avrebbe potuto procurarmi l’impatto con la realtà, perché sugli schermi non c’è nulla che non mi affascini di Marinella, di Vigàta, del mare, dei colori, della musicalità del dialetto, della musica, dei luoghi, insomma tutto quello che in ogni singola puntata riesce a tenermi incollata alla TV e anche uno dei pochi motivi per cui mi ritrovo a sintonizzarmi sui canali RAI negli ultimi anni.
Non avevo considerato che per la natura del B&B, che fornisce a prezzi accessibilissimi l’opportunità a chiunque non solo di visitare, ma anche alloggiare nella casa del commissario, non sarei stata la sola a vivere questo svelamento, un sogno che si realizza a bocca aperta non appena varcata la porta d’ingresso. Perchè in comune con tutti gli ospiti del B&B c’è la sala nella quale si girano le principali scene di casa Montalbano, quella che si affaccia sulla famosa terrazza. Ci siamo trovati così a fare colazione, occhi puntati a quel pezzo di mare in cui Montalbano ama farsi le sue bracciate di salute mentale, di fianco ad una coppia inglese con lo stesso identico sorriso stampato sul volto estasiato e io non sapevo più se guardavo il mare o il sorriso stampato della signora inglese. E scopriamo da Maria che in inglese parla tutto il giorno al telefono per prendere continue prenotazioni e che ci serve la colazione bio coi prodotti locali, che gli ospiti più frequenti della Dimora del commissario sono appunto stranieri. Stranieri appassionati alla serie esportata in quasi tutto il mondo, che volano in Sicilia in cerca di quei luoghi da guardare, di quegli spaghetti da Enzo a mare da inforchettare in religioso silenzio, come fa Montalbano e che si spingono verso l’entroterra per vedere il commissariato, per camminare sulla scalinata del castello del vecchio Don Balduccio Sinagra e cercare con la coda dell’occhio se nascoste da qualche parte ci sono davvero le sue guardie del corpo, per vedere coi propri occhi il magnifico panorama che appare nella sigla e magari intonarla, per vedere la Mannara.
Stiamo parlando della provincia di Ragusa che gli autori della serie hanno scelto come set per portare al pubblico televisivo le gesta di un commissario che non può che essere nato dall’immenso amore che l’autore Camilleri ha verso la sua terra e che il regista ha saputo interpretare così bene da renderla una delle serie più seguite e amate. Parliamo di Scicli, Noto, Ragusa Ibla, Modica, Punta Secca, Fornace Penna, della campagna ragusana. Col Montalbano della TV e il successivo riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità del centro storico di Noto e di altri comuni della zona, si è registrata un’impennata di turismo e di acquisti di Masserie da parte di stranieri e non solo, contribuendo a quella vivacità economica e multiculturale che si percepisce ovunque e non ti aspetti. La nostra guida italo-argentina, da 6 anni residente a Ragusa, ci spiegava quanto tutto questo abbia significato per una provincia che si è dimostrata capace di capitalizzare e reinvestire nella propria terra e oltre a sentirglielo dire come fosse Crozza nell’imitazione di Papa Francesco, lo si poteva cogliere ad ogni angolo, da una giovane macchina turistica composta da ragazzi che, già mentre ti staccano il biglietto di un museo o di un campanile , ti raccontano in breve cosa avresti visto oppure ti accompagnano descrivendoti per filo e per segno le avventure amorose dei nobili siciliani nelle sontuose stanze dei palazzi barocchi, facendoti notare quanti particolari possono essere nascosti in un arazzo del 700 o quanto valore ci sia in un affresco conservato con amore negli anni. E non ci parlavano di Montalbano, ci parlavano di Sicilia, di un pezzo della sua storia, di cultura, del terremoto della Val di Noto che nel 1693 rase al suolo Ragusa e decine di altri centri, uccidendo migliaia di persone e del lungo e doloroso processo di ricostruzione e rilancio, per diventare oggi quello che è.
Questa forza, quest’orgoglio si avverte in ogni strada, su ogni muro, in ogni volto e non posso che ringraziare chi ha voluto rendere omaggio a una terra che attira in ogni momento dell’anno turismo da tutto il mondo, in cerca di un’italianità che mi rende orgogliosa, che mi rappresenta, che mi onora. Ringrazio Camilleri per aver tirato fuori dalle pieghe del suo cuore un personaggio e un racconto tratteggiato coi colori della poesia e passione mediterranea, il regista e gli autori che con intelligenza e lungimiranza hanno puntato su tradizione, cultura, ironia, semplicità come valori esportabili, che parla a inglesi, australiani, argentini, americani, tutti probabilmente in grado di dire all’unisono e magari con la stessa cadenza: “Catarella!!!!”
Sono tuttavia certa che il neo eletto presidente americano troverebbe più rilassante guardarsi Genny Savastano mangiandosi il suo trancio di pizza al contrario.